La relazione tra malattia cardiaca e depressione è riconosciuta nella pratica clinica e riportata in letteratura. Studi hanno dimostrato che la depressione maggiore e quella post-infartuale aumentano il rischio di sviluppare ulteriori eventi cardiaci e la mortalità post-infarto.
Risulta di attendibile probabilità la presenza di numerosi correlati biologici comuni tra depressione e patologie cardiovascolari, e di alcune basi fisiopatologiche ed etiopatogenetiche comuni tra le due patologie, almeno per quanto riguarda il metabolismo della serotonina, che, oltre che ad avere funzione di neurotrasmettitore, è presente sulle piastrine e nei meccanismi a cascata della coagulazione. Sono inoltre comuni l’ipertono simpatico, ed una alterazione del metabolismo lipidico, ma rimane tuttora comunque ancora da chiarire quale possa essere l’effettivo ruolo reciproco di questi fattori etiopatogenetici nello sviluppo delle due patologie. La presenza di un disturbo depressivo rappresenta un fattore di rischio per la comparsa di un evento cardiaco acuto (incidenza di sei volte superiore alla popolazione generale) e la presenza di depressione post-infartuale aumenta la mortalità nei 18 mesi dopo l’evento acuto di 3-6 volte rispetto ai pazienti non depressi. Spesso, infatti, il paziente che sviluppa un disturbo depressivo in seguito alla diagnosi di una malattia cardiovascolare, non reagisce modificando gli eventuali stili di vita dannosi che lo hanno condotto alla malattia e questa rappresenterebbe una delle cause di aumentata mortalità.
Ne deriva quindi che:
- L’insorgenza, il decorso e la prognosi delle patologie cardiovascolari sono fortemente influenzati dalla concomitante presenza di patologie depressive (Freasure-Smith, 2006).
- Le severe patologie cardiovascolari costituiscono un fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi depressivi (O’Connor et al., 2000).
Un appropriato trattamento antidepressivo potrebbe incidere in maniera decisiva nel ridurre entrambi i suddetti fattori di rischio comorbili.